
L’opera di Bastardilla – artista anonima italo-colombiana che esordisce nel 2005 sui muri di Bogotá – dal titolo “De parvis grandis acervus erit” (dalle piccole cose si formano le grandi) pone al centro della scena una bambina raffigurata come un gigante che distrugge i carri armati e porta su di sé la fatica di bruciare le mura della prigionia, dell’apartheid, dell’umiliazione.
Porta con sé anche un nido e aghi e fili che ricuciono le macerie, tra resistenza e speranza. La bambina è così un gigante pronto a rialzarsi grazie alla memoria e alla dignità di tutte le piccole cose di cui è fatta.
L’opera è un elogio alla straordinaria potenza dell’infanzia, capace di risollevare, nel gioco, l’umanità dalla brutalità dei poteri che stanno distruggendo la terra. Figure minuscole, quasi invisibili, ricostruiscono il tessuto delle storie e del loro futuro, in cui non c’è spazio per l’oppressione e la guerra.
Il titolo dell’opera ricorda che sono le piccole cose “insignificanti” che costruiscono le più grandi, ma anche le più atroci: in questa ambivalenza, l’artista ci ricorda anche che i peggiori orrori della storia, le guerre, i genocidi, sono resi possibili dalla nostra indifferenza e complicità.